Pensare per immagini: Aldo Rossi visto da Luigi Ghirri

RIFLESSIONI, RISCRITTURE E ALTRO

«La fotografia non è pura duplicazione o un cronometro dell’occhio che ferma il mondo fisico, 
ma un linguaggio nel quale la differenza fra riproduzione e interpretazione, 
per quanto sottile, esiste e dà luogo a un’infinità di mondi immaginari»
(L. Ghirri)

Davvero tanti sono gli incroci e le collaborazioni che hanno segnato il percorso di Aldo Rossi. Tra questi uno dei più felici è senz’altro l’incontro con un altro artista infaticabile, scomparso troppo presto: ci riferiamo al grande fotografo emiliano Luigi Ghirri (1943-1992), che ha ripreso con il suo obiettivo diversi lavori dell’architetto milanese[1]

L’interesse per quest’ultimo da parte del modenese Ghirri nasce dalla presenza a Modena del Cimitero monumentale di San Cataldo, di cui Rossi ha progettato l’ala nuova, costruita a partire dagli anni ’70, e che Ghirri fotograferà per la prima volta nel 1983 su committenza della rivista «Lotus International». Già da queste prime immagini si comprende come, anche di fronte ad opere architettoniche, Ghirri non si ripromettesse di produrre una testimonianza cronachista del reale quanto, piuttosto, di indagare criticamente l’oggetto e il suo rapporto con il contesto, attivando uno sguardo stupito sulle cose. Non a caso così scriveva: «L’architettura di Rossi mi dà questa sensazione di meraviglia […] Alla fine quello che mi affascina nella sua opera […] sono le memorie, le storie, i nessi, le invenzioni e le apparenze che costituiscono i diversi strati del fare le cose e delle nostre percezioni»[2].

Ecco allora il cubo-ossario del cimitero lasciato sullo sfondo in una foto che ha al centro alcuni alberi spogli nel paesaggio innevato; o ancora la struttura di Rossi inquadrata, quasi per caso, attraverso i vetri di un’utilitaria di passaggio (uno dei tipici “ostacoli” tra chi osserva e il mondo esterno così caratteristici delle fotografie di Ghirri). 

Dopo questo primo incontro, sarà lo stesso Aldo Rossi a coinvolgere il fotografo emiliano per la III Mostra Internazionale di Architettura alla Biennale di Venezia (1985), di cui l’architetto era stato nominato direttore. Mentre l’anno successivo, la XVII Triennale di Milano esporrà alcune foto di Ghirri dedicate all’installazione di Rossi Teatro domestico (in cui alcuni suoi oggetti di design, in versione extra-large, sono inseriti in una sezione di casa a tre piani costruita in legno).

Da questo momento in poi Ghirri non smetterà più, fino alla fine, di frequentare le opere di Aldo Rossi; e pur dedicandosi anche ad altri architetti –come Giovanni Michelucci, progettista della stazione ferroviaria fiorentina di Santa Maria Novella; Marcello Piacentini, a cui si devono alcune costruzioni all’interno della Città universitaria di Roma; o ancora lo sloveno Jože Plečnik, che ha lasciato la sua firma su molti edifici di Lubiana; inoltre nel 1985 è chiamato dal ministero della Cultura francese a fotografare la reggia e i giardini di Versailles–, nessuno avrà per lui la stessa importanza.

Tale assiduità conduce Ghirri a posare il suo obiettivo sulla scuola elementare “Salvatore Orrù” di Fagnano Olona (VA) e sulla scuola media “Contardo Ferrini” di Broni (PV), progettate dall’architetto milanese negli anni ’70. Ad attrarlo sono, in entrambi gli edifici, alcuni dettagli: la bellissima struttura cilindrica con copertura in vetro che ospita la biblioteca, o il camino costruito a mo’ di ciminiera, nel primo caso; una lavagna piena di pentagrammi o alcune aule vuote, nel secondo. In particolare, di fronte all’edificio di Broni lo sguardo di Ghirri rivela pienamente quella sospensione meravigliosa a cui si accennava: la stropicciata cartina dell’Italia che si riflette parzialmente sui banchi (mentre un registro se ne sta svogliatamente su un angolo della cattedra, come se vi fosse stato appena buttato); alcune giacchette appese sui due lati di uno spogliatoio (con la luce esterna filtrata da una schermo bianco sullo sfondo); il riflesso della finestra sul pavimento e sui gradoni dell’auditorium deserto. Con queste immagini il fotografo conferma la sua intenzione di andare al di là dell’abitudine e di cercare di evocare un sentimento: non a caso, come nella maggior parte delle sue foto, anche in queste non c’è traccia di presenza umana, e i veri protagonisti sono il vuoto e l’assenza. E ancor più significativo è che ciò avvenga in un edificio scolastico, una struttura che –come già quella di Fagnano Olona– Aldo Rossi aveva concepito come una piccola città, con il teatro-auditorium posto al centro a significare l’importanza dello scambio a cui la scuola, in quanto comunità, dovrebbe naturalmente tendere[3].

Dopo aver collaborato, con le sue foto, a due monografie su Rossi (per le cure, rispettivamente di Gianni Braghieri[4] e di Alberto Ferlenga[5]), Ghirri si concentrerà sullo studio milanese dell’architetto (1989-90), un lavoro parallelo a quello dedicato allo studio bolognese del pittore Giorgio Morandi. Ed è basandosi anche su queste fotografie che è stato organizzato uno degli spazi della mostra milanese su Aldo Rossi al Museo del Novecento[6]: si tratta della sala in cui disegni, mobili e manufatti realizzati dall’architetto si mescolano ai vari oggetti d’affezione che riempivano le sue case e i suoi studi. 

Una versione più breve di questo testo è stata pubblicata sulla rivista «Oltre» (n°197, settembre-ottobre 2022, pp. 54-55). Ringrazio il direttore, Graziano Bertelegni, per la committenza.

NOTE

NOTE
1 Sul rapporto tra Rossi e Ghirri si veda il catalogo di una mostra fotografica organizzata dal Canadian Centre for architecture di Montreal nel 1997:  Luigi Ghirri, Aldo Rossi: things which are only themselves/des choses qui ne sont qu’elles-mêmes/cose che sono solo se stesse, a cura di Paolo Costantini, Montreal, CCA; Milano, Electa, 1996.
2 Per Aldo Rossi, «Fotologia» 10,1987-88, pp. 54-63; poi in Niente di nuovo sotto il sole: scritti e interviste, 1973-1991, Macerata, Quodlibet, 2021, pp. 200-201.
3 Quelli di Rossi non furono i soli edifici scolastici a cui si interessò Ghirri: si vedano, per esempio, le fotografie dedicate a due scuole progettate da Guido Canella nel comune milanese di Opera: la scuola materna “Don Milani” (nella frazione di Zerbo) e l’Istituto Tecnico Agrario “Italo Calvino” (nella frazione di Noverasco). Cfr. Guido Canella: opere recenti, a cura di Vittorio Savi, Modena, Panini, 1984.
4 Aldo Rossi, Bologna, Zanichelli, 1981 e 1989.
5 Aldo Rossi: architetture 1959-1987, Electa, Milano 1987; Aldo Rossi: architetture 1988-1992, Electa, Milano 1995.
6 Aldo Rossi: Design 1960-1997, a cura di Chiara Spangaro (dal 26 aprile 2022 al 6 novembre 2022).

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